Onorevoli Colleghi! - La legge 13 dicembre 1989, n. 401, nata con l'apprezzabile proposito di eliminare o quantomeno ridurre i fenomeni di violenza e di teppismo nei nostri stadi, è stata approvata sull'onda emotiva di episodi indubbiamente molto gravi, ma è stata scritta in modo evidentemente frettoloso e approssimativo. Ne è scaturita una disciplina incerta e discutibile, su cui la stessa Corte di cassazione ha espresso significative riserve. In pratica, l'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989, n. 401, violerebbe la libertà personale garantita dall'articolo 13 della Costituzione. La Suprema Corte ha avanzato di fatto forti dubbi sulla costituzionalità dell'articolo rimettendo la norma all'attenzione della Corte costituzionale.
      Purtroppo - senza entrare nel merito di una valutazione prettamente giuridica e inerente allo stato di diritto che deve essere garantito per tutti i cittadini - tali perplessità sono state interpretate da più parti come una sorta di regalo alle tifoserie violente. Va invece sottolineato che l'obbligo di presentarsi al commissariato di pubblica sicurezza durante le partite di calcio alle quali non si può andare perché diffidati, potrebbe essere una violazione della Carta costituzionale in quanto emanato dal questore e non - come deve essere per i provvedimenti di limitazione della libertà personale - da un magistrato.
      La legge n. 401 del 1989 ha inasprito il rapporto tra le tifoserie organizzate e le Forze dell'ordine, e ciò anche a causa di una eccessiva discrezionalità lasciata al questore nell'applicazione di una misura che limita fortemente la libertà di circolazione e anche quella personale.
      La cosiddetta «diffida», infatti, è un unicum nel panorama giuridico nazionale, visto che consente al questore e non all'autorità giudiziaria, di limitare tale libertà, garantita dall'articolo 13 della Costituzione. Il controllo successivo da parte dal giudice si è rivelato foriero di

 

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ingiustizie, atteso che l'elevato carico di lavoro dei magistrati ha spesso ridotto il tutto a una specie di «visto» che contrasta con una giusta analisi e applicazione della misura. Questo ha fatto sì che venissero diffidate non solo persone realmente pericolose, ma anche avvocati, medici, radiocronisti e tutti coloro che, anche per una sola volta, si siano lasciati andare in un contesto che, spesso, agita le passioni.
      La presente proposta di legge è finalizzata a far sì che il questore, come è giusto che sia, si limiti a proporre il provvedimento in questione a un magistrato, che è tenuto in prima persona ad applicarlo e non semplicemente a convalidarlo, il tutto nel rispetto delle garanzie di difesa dell'individuo che, con la legge attualmente in vigore, sono limitate in modo tale da rendere di fatto difficilissima qualsiasi difesa.
      Le statistiche che periodicamente vengono fornite dal Ministero dell'interno, che vorrebbero dimostrare l'efficacia della legge in vigore, non tengono conto di un dato fondamentale: l'elevato numero di assoluzioni e di archiviazioni che seguono alle denunce penali su cui la «diffida» si sorregge. Poco conta, quindi, dire che 1.000 persone sono state denunciate e diffidate, se a tale dato non segue quello dell'esito di tali denunce.
      Le questure non hanno saputo fare tesoro di tanto potere loro affidato e, in un'ottica repressiva mascherata da prevenzione, hanno applicato spessissimo il massimo della misura per violazioni infime, come può essere lo scavalcamento di un cancello: tre anni di triplice obbligo di firma in occasione di ogni partita disputata dalle squadre di calcio della Roma e della Lazio in un caso del genere, ampiamente documentabile così come tanti altri, lascia intendere che tale eccessiva discrezionalità debba essere rivista, per non sconfinare in una gestione dell'ordine pubblico degna di uno Stato di polizia, attuata con sistemi che, in un futuro forse non troppo remoto, potrebbero essere esportati anche in altre aree.
      La presente proposta di legge, quindi, risponde alla duplice esigenza di adeguare il precetto normativo alla Carta costituzionale, senza per questo elidere le giuste ragioni di tutela della collettività di fronte a un problema serio quale è la violenza negli stadi.
      Questa proposta di legge vuole andare nella direzione di reinterpretare correttamente il giusto principio di garantire la sicurezza negli stadi e nei luoghi frequentati dai sostenitori delle squadre di calcio, senza però violare il dettato costituzionale e i diritti fondamentali di tutti i cittadini, compresi gli appassionati di calcio.
 

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